Pal Piccolo – Un’interessante scoperta!

Antefatto: nel 1912 il De Gasperi segnala la presenza di una voragine sul Pal Piccolo, a quota 1774mt. slm, utilizzata quale riserva d’acqua dalla vicina casera. Alla grotta viene assegnato il numero di catasto 315 FR. Quando però anni dopo si cerca di rintracciarla ai fini catastali, risulta scomparsa nel nulla, destino condiviso da tantissime altre cavità in regione posizionate approssimativamente su mappe già di per se poco dettagliate… Passano gli anni e con essi anche molti speleologi in zona. Ci siamo anche noi, molto più giovani di adesso… è il 1988 e rileviamo alcune nuove grotte: una fra esse, denominata “FJ1” e situata nei pressi dell’oramai scomparsa voragine, riceve il numero di catasto di quest’ultima, data per persa e definitivamente cancellata dalla storia…

 


2011: tra la fine di giugno e l’inizio di luglio il vecchio Kubo si dedica autonomamente ad un paio di battute di zona sul Pal Piccolo: individua qualche buchetto interessante ed un largo pozzo di una dozzina di metri apparentemente non catastato… dico “apparentemente” poiché la posizione da controllare che mi fornisce una volta tornato a Trieste è più frutto di fede e fantasia che di rilevamenti attendibili… nel punto indicato, comunque, non esistono grotte catastate. Il fatto che all’imbocco del pozzo sia visibile una vecchia sigla scolorita di ben noto gruppo speleo è senz’altro sospetto, ma tant’è… non si saranno presi la briga di rilevarla perchè poco profonda… Succede. Insomma si decide di scenderla e farne il rilievo, non si sa mai. A posteriori l’errore di Kubo (oltre che la sua felicissima intuizione di tornare in Pal Piccolo a cercare la voragine) si rivelerà una autentica fortuna: se avessimo saputo (come avrei presto scoperto) che si trattava semplicemente della “Voragine di Piano Macchi” 830 FR, catastata nel ’71 dal CSIF e nuovamente rilevata nel 1991 dall’ottimo Gianni Benedetti (GTS), non ci avremmo nemmeno messo il naso! Siamo comunque propensi a credere che, a conti fatti, si tratti proprio della famosa voragine scomparsa, ricatastata con altra denominazione.                                                     

“Voragine di Piano Macchi” 830 FR – tratta dal catasto grotte del Friuli Venezia Giulia

E così, eccoci il 10 di luglio a risalire le pendici del Pal Piccolo con tutto il necessario, novella Armata Brancaleone in versione speleo… Kubo, Giusto, Edox, il giovane Phil ed io che scrivo. Giunti all’imbocco, vicinissimo al sentiero ma ben nascosto dagli immancabili pini mughi, ci si cambia sotto il sole cocente.

L’onore/onere di scendere per primo tocca al sottoscritto, e lo accetto assai volentieri viste le temperature esterne non consone all’abbigliamento speleo che già indosso… armato e sceso il salto iniziale, mentre attendo gli altri inizio, come d’abitudine, a cercare possibili prosecuzioni, e ravanando sul fondo individuo ben presto un possibile passaggio tra la parete ed i massi di una colossale frana: nulla di eclatante, ma visto che si tratta solo di spostare pietrame vale la pena di tentare, considerando che, una volta fatto il rilievo ed usciti, qui sicuramente non ci ritorneremo più…

Gli altri mi raggiungono uno dopo l’altro, e ci diamo il cambio sullo scavo. Con mezzi che definire “di fortuna” è puro eufemismo (non era previsto uno scavo “serio”) riusciamo a parancare via un masso da 150kg e sbriciolarne di minori finchè, dopo un’oretta, abbiamo dinanzi un poco invitante cunicolo verticale fondo un paio di metri e di dubbia solidità ed accessibilità… Riesco con qualche difficoltà ad infilarmici e… sorpresa! Mi ritrovo in una spaziosa galleria che sembra continuare… informo gli altri che, inizialmente increduli, si danno subito da fare per raggiungermi ma dopo qualche tentativo abortito preferiscono allargare un po’ il tutto preventivamente…

Mentre li attendo osservo il nero che, tra meravigliose concrezioni di ghiaccio, si perde nel nulla dinanzi a me… la tentazione di proseguire è forte, ma preferisco attendere i miei compagni per dividere con loro questo momento, si trattasse anche solo di poche decine di metri di esplorazione… chissà?! Nel frattempo mi distraggo con la risalita in arrampicata libera di un camino laterale che, a dispetto delle apparenze, mi impegna per una ventina di minuti portandomi sin quasi all’esterno attraverso un successivo dedalo di graziosi cunicoli. Una volta ridisceso trovo gli altri alla base della frana e, finalmente, l’esplorazione propriamente detta puo cominciare!

Inizialmente siamo tutti abbastanza scettici, e ci aspettiamo da un momento all’altro di venir fermati da un’ostruzione invalicabile, come troppo spesso accade… Invece, ogni qualvolta arriviamo alla fine di un ramo ce n’è sempre un altro che continua. Quando poi ci ritroviamo a correre lungo una spaziosa galleria il morale è alle stelle! Persino il mite Kubo, a cui va il merito di averci trascinato qui sotto, abbandona l’usuale self-control e ci guida cimentandosi in ardite acrobazie di cui non lo ritenevo capace: privi di materiali (l’unica corda è rimasta sul pozzo d’ingresso) arrampichiamo in libera i salti che incontriamo, avanzando e scendendo sempre di più, tra massi instabili, meandri e cunicoli, sempre più increduli… ad ogni passo notiamo altre diramazioni, quasi tutte percorse da notevoli flussi d’aria, che decidiamo per il momento di ignorare per seguire quello che all’apparenza è il ramo principale. Ad un certo punto l’altimetro segna un centinaio di metri di profondità rispetto all’ingresso, dello sviluppo non abbiamo idea ma lo stimiamo attorno al mezzo chilometro… davanti a noi la grotta continua con un bivio ventoso ma è tardi: decidiamo di tornare indietro senza neppure rilevare… sarebbe impossibile visto il tempo a disposizione!

Ci ritroviamo così, nuovamente, alla base della frana che, vista da sotto con più attenzione, dà veramente da pensare… uhmm… Si manda su per primo il giovane Phil, che date le ridotte dimensioni sguscia oltre veloce e leggero senza alcun problema; è poi la volta di Edox, che giunto a metà del cunicolo appoggia il suo dolce peso dove non avrebbe dovuto e smuove una pietruzza all’apparenza innocua ma in realtà indispensabile al millenario equilibrio della Grande Muraglia sovrastante…. con ORRORE vediamo la frana muoversi con un inquietante ruggito (Edox è all’interno e si sta godendo lo spettacolo in 3D, altro che “Sanctum”…). Kubo stava tranquillamente pisciando un po’ più in là ed è costretto ad interrompere bruscamente l’operazione per schivare un orrendo macigno rotolante stile “Indiana Jones” che una frazione di secondo prima ho agilmente evitato a mia volta… nel fuggi-fuggi generale, tra detriti e nubi di polvere riappare anche Edox, inspiegabilmente illeso ma assai provato psicologicamente. Ora regna il silenzio: ma che ne è del cunicolo verso la salvezza? Vengo unanimamente designato per un sopralluogo, vista la mia trentennale esperienza di negoziatore con frane mangia-speleo e massi assassini. Un veloce esame della situazione mi fa capire che è meglio non insistere nella disostruzione e tentare piuttosto la sorte uscendo con la maggior delicatezza possibile, anche perchè è l’unica chance che abbiamo di rivedere l’esterno… Nel frattempo qualche buontempone propone di battezzare il luogo “Sala Marcinelle”, dimostrando che lo speleo medio, anche in punto di morte, riesce a conservare intatto il proprio macabro senso dell’humor… dopo lunghe meditazioni e vari palpeggiamenti dei pietroni più minacciosi (trattandosi di rocce, se non altro, non rischio alcuna denuncia) decido alla fine di testare il percorso: pietruzza, massi, strettoia… quando sono quasi fuori, ecco che il gigantesco tritaspeleo si rimette improvvisamente in moto all’altezza delle ginocchia… Cazzo!!! Schizzo fuori raggiungendo il piccolo Phil, mentre al di sotto si scatena l’inferno…

Phil mi guarda preoccupato e mi chiede candidamente se rivedrà il suo babbo, io non oso azzardare ipotesi in merito e considero eventuali adozioni… poi di nuovo silenzio. Chiedo notizie, e dal sottosuolo una voce preoccupata mi informa che il panorama, lì da loro, è alquanto mutato dopo la mia performance, ma il passaggio sembra ancora miracolosamente accessibile, pur tra i macigni oscillanti… Non è che ci sia gran scelta, e così il povero babbo-Edox ci riprova: dopo molti sforzi ed un altro terrificante smottamento che, se non altro, stabilizza i massi più minacciosi, riesco a stapparlo dallo strettissimo imbocco, seguito a ruota dagli altri, che mai prima d’ora avevo visto muoversi con altrettanta leggiadrìa e rapidità (il terrore fa miracoli). Siamo finalmente tutti fuori, sani e salvi, e nonostante la pessima esperienza finale molto felici dei risultati raggiunti e speranzosi nei futuri sviluppi della grotta (una volta domata la simpatica frana che ci ha quasi digeriti…). Il ritorno a valle è allegro, e la sontuosa cena al ristorante di Passo Monte Croce Carnico ampiamente meritata!

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