Hrušiške ponikve e ritorno…

Ehilà Pippo! Coss’ te disi de andar, mi e ti, a Crùssiza ‘sta domenica…?” è il succo della telefonata ricevuta a metà settimana dall’immarcescibile Stefanin… La proposta mi attira molto, sia per la graditissima compagnia che per la bellezza del luogo scelto, ma inizialmente mi dimostro assai titubante, turbato dalla mole dei miei numerosi nonché fastidiosi impegni… Alla fine, però, decido per il si! Dopo tutti questi mesi di siccità, mi dico, le condizioni all’interno della grotta devono essere eccezionalmente favorevoli… un occasione da non perdere, considerando che un anno fa, proprio in quella grotta, eravamo fuggiti dopo soli 50 metri sotto orrende cataratte di acqua ghiacciata… da quel giorno meditavo vendetta: le cose lasciate a metà mi infastidiscono alquanto.
Eccoci dunque domenica mattina  in viaggio per la Valsecca, che raggiungeremo abbastanza velocemente nonostante Stefanin continui inspiegabilmente a sbagliare strada ad ogni incrocio.
Ambra stamattina ha guardato il meteo su internet, poi ha guardato me, quindi ha farfugliato qualcosa riguardo ai vantaggi dell’essere vedova… Hummm!
In effetti, dopo mesi di una siccità degna dei deserti africani il cielo ha deciso proprio oggi di glassarsi di nuvoloni poco rassicuranti… pessime condizioni per infilarsi in un inghiottitoio, penso… mah!
Parcheggiamo a lato della carraia, ed iniziamo a prepararci con nonchalance sotto la sempre più uggiosa coltre di nubi…
Una volta indossate tute ed attrezzatura, veloce autoscatto-ricordo a beneficio dei posteri, dopodichè decido, seppure a malincuore, di lasciare la macchina fotografica nello zaino anziché portarmela dietro: non è assolutamente impermeabile, e per quanto mi impensierisca l’eventualità di una piena, trovo molto più spaventosa l’idea di sopravvivere e dover riconsegnare la fotocamera fuori uso alla legittima proprietaria nonché irata consorte…
Scendiamo sino all’ingresso ed inizio ad armare il primo salto, scoprendo che le ridotte dimensioni del sacco materiali “stefaninico” non sono dovute, come speravo, ad un incredibile talento nello stoccaggio, ma al fatto che il diametro massimo delle corde che oggi utilizzeremo è di otto millimetri.
Il pozzo d’accesso ha un aspetto a dir poco fiabesco: zero acqua ed un delirio di ghiaccio ovunque! Meraviglioso!!! C’era parecchio ghiaccio anche l’altra volta, ma non così spettacolare… mi mangio le mani pensando alla fotocamera che sonnecchia in auto.
Anche il secondo pozzo è decorato da ogni genere di concrezione glaciale, luccichii e trasparenze ovunque… scendiamo lenti, assaporando il panorama e chiacchierando; nei tratti orizzontali non si cammina, si pattina su una diafana tavola da biliardo…
A -40 il ghiaccio lascia definitivamente il posto alla roccia, ma l’estetica degli ambienti non ne risente troppo; il periodo di secca ci permette di avanzare veloci, arrampicando agevolmente in alcuni punti dove normalmente servirebbe la corda (e qui Stefanin ovviamente domina incontrastato), tra limpide vasche ed innocue cascatelle. In breve scendiamo anche gli ultimi pozzi raggiungendo praticamente asciutti, dopo un ultimo tratto orizzontale, il vecchio fondo. La Nano-Rain sotto la traspirante è servita più che altro a sudare un po’….
Breve sosta mangereccia, e “cichìn” digestivo, quindi risaliamo veloci sino al bivio a -45 dove imbocchiamo baldanzosi la condotta che porta al fondo nuovo; stavolta però, le corde disponibili si rivelano ben presto insufficienti come numero e metratura, per cui siamo costretti nostro malgrado a rinunciare all’ultima parte della cavità… pazienza, tanto ci saremmo tornati comunque prima o poi…!
All’esterno scopriamo che è effettivamente piovuto, ma pochissimo, e ce ne rallegriamo.
Sulla via del ritorno, sosta da “Baša” per una doverosa birretta con contorno di patatine fritte, perfetto finale di una piacevolissima giornata!

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