Raut +1000: la grotta NON continua (per fortuna)

E’ da inizio estate che Potle mi tenta con una “gitarella” in zone spelologicamente “vergini”. Finora nulla da fare. Poi come sempre mentre Giusto & Co. sfidano il Firn, io e Michele free soltanto la domenica decidiamo di dedicarci al Monte Raut.

Il meteo è stupendo e decidiamo di partire prima possibile per avere più tempo “operativo” in zona.
Partenza ore 06.30 da Contovello. Puntuali. Via! Palmanova uscita autostrada e poi diritti verso Codroipo e Maniago. Albeggia. Caffè in un bar disperso nella pianura poi si punta verso la nostra destinazione finale passando davanti alla caserma dove Pippo si fece 1 anno da V.A.M. Passiamo Poffabro e arriviamo al parcheggio sulla Forcella di Pala Barzana alle 08.30 … Tardino, ma il cielo è stupendo. Altitudine 850 metri, la nostra meta è al di là della Sella della Capra (1.800 metri di quota). Guardiamo il cartello all’inizio del sentiero “Sella della Capra ore 03.30”: mi sento mancare, ma ostento indifferenza. Per fortuna essendo un giro ricognitivo siamo con zaini leggeri e il minimo indispensabile: comincio a pregare di non trovar nulla. Se individuiamo qualcosa di promettente con quel dislivello da percorrere ogni volta siamo fottuti. Ore 09.00: Potle parte davanti lamentandosi per la mancanza dei bastoncini. Io dietro. Il ritmo è serrato. Incrociamo qualche altro escursionista. Dopo mezz’ora di salita nel bosco e qualche canalone giungiamo ai ruderi di una malga: invoco una sosta. Ho un calo di zuccheri. Mangio e bevo cercando di stabilizzarmi. Il caldo si fa sentire: sembra estate, siamo in pieno versante sud e non c’è aria.

Sudiamo all’inverosimile. Mi riprendo e ripartiamo. Il sentiero non fa una piega manco a pagarla: sempre rettilineo su per un pendio erboso a 40° di inclinazione sotto il sole, a fianco un ghiaioncino (meraviglioso solo in discesa). Inferno. La testa mi martella, temo per “la mia pompa” (ndr muscolo cardiaco), ma avanzo. Michele inizia anche lui a dar segni di cedimento, ma è molto meglio di me. Dopo 2 ore siamo sotto i roccioni: una vasca d’acqua ci consente di bagnarci il capo: mossa azzeccata. Rinsaviamo un pò e via su per un canalone stretto con qualche passaggio in “pseudo arrampicata”. Arrivo ad una spalla erbosa. Cadavere. Michele si sta rifocillando. Lo imito. Panorama mozzafiato e un filo d’aria finalmente. Mancano 100 mt per la Sella, ma non passeranno velocemente come sperato. Ripartiamo. Michele si avvantaggia e sparisce. Rimasto solo seguo canticchiando marce della legione straniera … “Marche ou crève” … Solleone. Caldo. Bocca secca. Ore 12.00 raggiungo la Sella anch’io. Ci abbiamo messo mezz’ora meno della tabella pur con tutte le soste, ma mi sento ko. Finalmente all’ombra mi ripiglio un pò.
Scendiamo subito sul versante nord: puntiamo il nostro obiettivo. Ci sono tracce evidenti di carsismo superficiale, ma finora a Catasto sono state registrate in questa zona solo un paio di modestissime cavità. Girovaghiamo un centinaio di metri sotto la Sella. Troviamo karren, campi solcati e un paio di pozzetti. Alle 13.30 mi fermo. Cerco l’ombra. Mangio quel che mi resta nello zaino e mi distendo dietro un masso. Saluti. Michele farfuglia.

Io mi rilasso e dormo un’ora. Al risveglio Michele dice di aver rilevato un bel pozzo sui 15 metri, ma è l’unica scoperta degna di nota. Sorrido. Lui pure ed annuncia “Sono KO, ho bisogno anch’io di fermarmi almeno mezz’ora. Poi ritorniamo indietro che ce l’abbiamo lunga … E altri 100 metri in su e 950 metri in giù … Tràcchete! Per fortuna non abbiamo trovato nulla … ” Scoppio a ridere. Sante parole: qui non c’è nulla. Coscienza in pace.


Dopo il riposino ripartiamo verso la Sella. Abbiamo il tempo di scoprire e rilevare una cavernetta di interstrato di 7 metri di sviluppo poi decidiamo che abbiamo fatto anche troppo e tiriamo dritto. 15.50 siamo in Sella. Ci lanciamo in discesa senza fermarci. Siamo al parcheggio in meno di un’ora: grazie al ghiaione e a un ritmo forsennato. Una bottiglia d’acqua lasciata nel bagagliaio ci salva dalla disidratazione. Rimontiamo in macchina e torniamo verso casa. Paesaggi incantevoli ci accompagnano fino al borgo medievale di Valvasone dove ci fermiamo per un birrino e patatine al  lime e pepe rosa. Rimaniamo affascinati da un cartello che espone prezzi e specialità locali (patate e “pere coscia”). Michele “curioso” telefona a Giusto che gli narra di quanto accaduto in Firn e gli notifica il ritovamento in una finestra del suo amato martelletto perso l’anno prima il giorno della discesa “record” nello Scabar. Il duro Michele ha un attimo di commozione, ma lo maschera alla perfezione.
Siamo a casa per ora di cena. Faccio una doccia e crollo: mi ci vorranno 2 giorni per recuperare. Nella mia testa riecheggiano i canti della Legione “sous le soleil brulant d’afrique …”. Che giornatona: per fortuna conclusa senza aver scoperto nulla per cui ritornare!!!

Monte Raut Adieu!!!

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