SG23 – C’era una volta un buco…

Molti, ma molti anni fa, durante una delle mie abituali battute di zona, mi capitò di imbattermi in qualcosa di assai interessante nelle vicinanze di Sgonico… dopo una mezz’oretta che percorrevo a zig zag come un cane da tartufo i versanti di una splendida successione di doline coalescenti mi trovai finalmente dinanzi ad un forellino… non si trattava però di un forellino qualsiasi, bensì della quintessenza dei forellini, il pertugio che qualsiasi speleo cercatore di grotte vorrebbe sempre trovarsi davanti durante una battuta di zona… Non appena tolte un paio di pietre che lo ostruivano parzialmente, infatti, fui investito dalla forte corrente d’aria gelida che ne usciva, mentre i sassolini ed il terriccio che avevo smosso precipitavano a lungo nelle profondità… si aggiunga che, una volta tanto, lo scavo da intraprendere per renderlo accessibile si presentava ridicolmente semplice, e si capirà la portata del mio entusiasmo…. purtroppo qualche sfiga doveva necessariamente presentarsi a guastare quell’istante perfetto, ed infatti eccola lì, sul retro della seconda pietra rimossa: la vermiglia sigla a vernice di un altro gruppo…. ero stato preceduto. Bestemmiai doverosamente, poi riposi le pietre sul foro come le avevo trovate e continuai la mia triste battuta, consapevole che per quel giorno non avrei trovato niente di meglio.

Non ebbi più occasione di tornare in quell’uvala, ma negli anni successivi ogni tanto controllavo in catasto, curioso di scoprire quali mirabolanti meraviglie avessero trovato i miei diretti concorrenti… Passarono così, ridendo e scherzando, una ventina d’anni senza che risultasse mai la benchè minima traccia di grotte nuove in zona…

Giunto il 2017, mi decisi finalmente a verificare di persona cosa diavolo fosse successo, e in un assolato pomeriggio di maggio mi avviai lungo il sentiero reso ormai irriconoscibile dalla folta vegetazione. Mentre camminavo verso la mia meta, guidato da ricordi, devo ammettere, abbastanza nebulosi, già mi figuravo la scena di un titanico scavo oramai verde di muschio, iniziato e poi abbandonato dinanzi ad insormontabili difficoltà… insomma, la tipica fine in cui incorrono molti dei “buchi” trovati da noi speleo (il che avrebbe spiegato anche la mancanza di un rilievo in catasto).

Quale fu invece la mia sorpresa nel trovare….. nulla, assolutamente nulla! Ebbene si, nonostante avessi individuato tutti i punti di riferimento notati all’epoca (il cancello, ora divelto… la baracca abusiva, ridotta ormai ad una spianata di legname marcio), e la zona in questione fosse in fin dei conti ben delimitata dai versanti delle doline, non trovai alcuna traccia di pertugi, altro che scavi mastodontici!

Grufolai per mezza giornata, sempre più incredulo, esaminando ogni più piccola discontinuità tra erba e rocce ma senza alcun risultato, e finii per tornarmene a casa con la coda tra le gambe e una gran confusione in testa… nei mesi che seguirono mi recai più volte sul luogo, ravanando disperatamente e maledicendo tutti coloro (e non sono pochi) che siglano grotte a centinaia e poi non si danno la pena di scavarle, tronfi e paghi di aver se non altro impedito a chiunque altro di lavorarci, e dandomi ripetutamente del coglione per essere stato così corretto nei confronti di questi cialtroni.

Il fatto che fosse ormai estate piena non aiutava minimamente nelle ricerche, e l’unico risultato che ottenni fu di calpestare presso i resti della baracca un’asse di legno dotata di lunghi chiodi arrugginiti che la saldarono in maniera quasi definitiva al mio scarpone ed, attraverso la suola, al piede ivi contenuto, con un opera di carpenteria istantanea decisamente notevole… poi, finalmente, arrivò l’inverno, e con esso la neve, ultima speranza di risolvere la questione.

Con la neve…

E con la neve, in effetti, trovai una serie di buchi abbastanza interessanti molto vicini al punto in questione, ma nessuno purtroppo presentava le caratteristiche del famoso foro. Ritengo che quella grotta, perchè di una grotta interessante ed inesplorata si trattava, sia ormai persa, forse per sempre, seppellita da vent’anni di foglie, terriccio e stupidità umana. L’articolo che segue parla invece di uno degli altri buchi trovati, il più interessante, che venne denominato SG23…

21 Ottobre 2018: siamo in dieci ad iniziare lo scavo di SG23: Celly, Edox, Jager, Fabiute, Erica, Mauri, Baden con la consorte, la new entry Noemi ed il sottoscritto. Il buco è senz’altro interessante, con un pozzetto d’accesso sui tre metri facilmente disostruibile e tanta aria in entrata (l’imbocco infatti, come verificato intutte le mie uscite precedenti, si comporta inequivocabilmente da ingresso basso).

Iniziamo con foga la demolizione di alcuni spuntoni calcarei, ed in breve tempo il pozzetto diviene accessibile. Nella discesa si cimenta Celly, che dopo aver raggiunto il fondo senza trovare prosecuzioni torna in superficie letteralmente ricoperto di sacche d’uova di Meta Menardi… le scene che seguono (immortalate in alcuni provvidenziali filmati) rimarranno impresse per sempre nelle nostre menti, e rallegreranno probabilmente la nostra futura vecchiaia, ma qui non ne darò descrizione alcuna per rispetto verso il nostro beneamato Celly (sia detto per inciso che i successivi e ripetuti tentativi di bonifica della grotta non daranno i risultati sperati e la stessa rimarrà ostinatamente gremita di aracnidi di inusitate dimensioni sino all’ultima delle nostre uscite di scavo).

Celly e le sacche d’uova…

A questo punto scendiamo più o meno tutti, a turno, per vedere dove la grotta possa continuare. Ognuno dice la sua, e si forma ben presto una fazione guidata da Fabiute che sostiene la necessità di scavare sul fondo per abbassarlo, in quanto alcune stalattiti immergono la loro punta nel detrito testimoniando che l’ostruzione è relativamente recente e dovuta a materiali giunti da fuori…

Mentre costoro favoleggiano sui massi che poco sotto fanno da tappo e che presto precipiteranno con fragore nella sottostante immane voragine, io mi calo a mia volta alla base del pozzetto per trovare la corrente d’aria che, presente all’imbocco, deve pur passare da qualche parte… così, dopo qualche minuto di minuziosa ricerca individuo finalmente, sulla parete ad un metro dal fondo, un forellino delle dimensioni di una moneta che, in corrispondenza dei “refoli” di bora che passano sull’ingresso, sputa aria come un dannato… et voilà, mi dico, forte di innumerevoli esperienze precedenti che mai hanno toppato.

I sostenitori dell’abbassamento del fondo, però, irridono le mie teorie giudicando lo scavo in roccia da intraprendere irrealizzabile e sconsiderato… Sono in minoranza, per cui li lascio fare. I tapini nelle ore successive scavano come dannati, abbassandosi di circa un metro senza trovare altro che pietrame… alla fine giunge l’ora di rincasare, e ci dirigiamo lieti verso l’immancabile birretta di fine scavo, ma io ho già dei progetti per mettere a frutto il loro insensato lavoro nel corso della prossima uscita…


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