La Saga di Ganbarù – Atto quinto: il Jenga di pietra

Viste le prosecuzioni in essere, il 30 giugno Pippo, Ambra e l’inossidabile Zanini hanno investigato dall’esterno con strumenti altamente tecnologici e scientifici il flusso e riflusso aereo della cavità per coglierne le potenzialità utilizzando il CHUPACUEVAS! Il responso è stato secco e inequivocabile: ci sono sicuramente delle altre aperture che comunicano con l’esterno, cosa che sfalsa i dati allungando di molto i tempi, ma con più di sette minuti di risucchio e successivo rientro dell’aria per un minuto abbondante è sicuramente confermata la presenza di grossi vuoti …

12 luglio

Sono passate due settimane e rieccoci qui in tre: il sottoscritto (Kubo), Giusto e Pippo. Bello essere proprio noi tre oggi, le potenzialità sono notevoli, oggi forse è la volta buona e forse finalmente entriamo in ambienti “grandi”. Non stiamo nella pelle. Il “chupacuevas” è anche dalla nostra parte. Abbiamo un sacco di disgaggio ed uno d’armo con 60 metri di corda, trapano sacchetta e necessaire … Giusto di buon auspicio ci regala 2 bellissime magliette di “Conan” a me spetta quella dei “2 serpenti neri che si fronteggiano!”. Ridiamo e giù. Prima Pippo con sacco disgaggio, poi Giusto ed infine io a chiudere la fila.

Veloci si scende. Ovviamente io e Pippo in “braille” viste tutte le uscite fatte finora, Giusto a puro istinto, ma è più veloce di noi (ovviamente). Prima strettoia, poi quella a “>”, poi ancora l’immissione nel pozzetto successivo e l’arrivo alla base del pozzo che immette al tratto dove si trova il “cavatappi”. Pippo è in trans agonistica ed è già andato “di là”. Giusto mi aspetta e ci guardiamo negli occhi: “togliti i ferri e vai prima tu” gli dico poi aggiungo ”qua ti imposti semplice e arrivi in verticale, poi una volta dentro c’è il cavatappi, vai di piedi entri pancia in su, poi una volta dentro ti giri di 180° e ti lasci cadere giù.” Giusto non sta nella pelle. In una manciata di secondi è senza attrezzi dentro la prima strettoia ed è già pronto ad entrare nel cavatappi. Un attimo di titubanza, studia l’ovale di pietra, mi guarda e mi dice dubbioso “ pensavo fosse più comodo, ci provo, ma la vedo al limite …”.

Lo capisco perfettamente. Giusto ha due spalle ed una corporatura eccezionali, ma le dimensioni delle ossa non sono negoziabili e i “grandi”, qui,  ne fanno le spese. Ci prova Giusto, una volta, due volte si infila prova a riuscire e rientrare poi abbattuto mi fa: “No Kubo, è al limite e il bacino mi passa a pelo. Le spalle qui non mi passano, se mi lascio cader giù rimango dove sono, tappo nel cavatappi. Io purtroppo esco.” Vista la sua esperienza, so che non c’è speranza, se non passa … non passa. Tuttavia provo a dirgli di provare almeno un’altra volta, lo fa e le cose rimangono così com’erano. Esce e mi dice: “Stavolta entrano solo i veci, divertitevi anche per me e fatemi sapere che cosa trovate più avanti!”. Lo guardo con un mezzo sorriso e mi infilo gestendo il sacco d’armo. Ci salutiamo e via.

Mentre proseguo penso a Lui e mi spiace sinceramente da morire: fossimo stati noi 3 oggi sarebbe stato PERFETTO. La Grotta ha deciso che non doveva essere così. Raggiungo Pippo sconsolato e lo aggiorno. Rimane spiazzato anche lui e si intristisce per un po’. Poi mi aggiorna sul lavoro che ha già iniziato a fare: ha disgaggiato tutto il risultato del lavoro iniziato 2 settimane fa raggiungendo così l’imbocco del pozzo alla fine del meandrino. C’è molta aria e suona bello largo. Ci sorridiamo e ci rimettiamo al lavoro: Pippo in pole position ed io che gli faccio da “secondo”. Un primo giro di allargamento, poi un secondo di approfondimento …

Lavoro terminato, momento magico. Guardo Pippo e gli faccio “Beh che aspetti? Ci fosse stato Giusto avremmo potuto far scendere lui, io ho armato la volta scorsa, quindi oggi tocca a te. Vai!”.  Pippo non se lo fa ripetere e attrezza un attacco doppio in partenza per poi infilarsi nell’imbocco un po’ malagevole del pozzo che però subito dopo allarga. Un paio di metri e bisogna frazionare per cercare “la libera”: inizia lo smartellamento ed il rumore del trapano. Affacciato al pozzo cerco di capirne la morfologia: largo, roccia compatta, fusoide. Pippo conferma. Passa il frazionamento, scende e mi dà “libera”. Io seguo e mi fermo al primo fraz comodamente seduto su una cengia a gambe divaricate rimirando il gioco di luci e nebbie sottostante.

Purtroppo la visibilità non è delle migliori. La polvere e la nebbia dei disgaggi ci penalizza fortemente: chi arma lo fa usando molto il suo intuito. Dopo una quindicina di metri Pippo fraziona di nuovo, mi dà libera e riscende ancora. Mi fiondo giù. Pozzo stupendo in calcari lamellari compatti e stratificati con potenza millimetrica, molto belli da vedere ed evidentemente assai più carsificabili di quelli della prima parte della grotta.

Arrivato al secondo fraz ululando guardo di sotto e vedo Pippo fermo che studia il da farsi su una frana alquanto “complessa”. Ahia. Visto che c’è un terrazzino agibile lo raggiungo e ci guardiamo attorno: ambiente di erosione, frana instabile. Blocchi di roccia di dimensioni ragguardevoli: ambiente pericoloso eppur fiabesco … UN JENGA DI PIETRA.

Guardo gli occhi del mio compagno d’avventure e ripesco una battuta che adoro dal film Frankentein Junior: “Potrebbe essere pericoloso Padrone … vada avanti Lei …” e sghignazzo. Con il comune spirito di fatalismo che contraddistingue lo speleologo medio, Pippo prosegue la discesa. Piazza un attacco “fuori” dalla frana, scende per altri 3-4 metri e si trova ad un bivio, un pozzo largo, ma apparentemente cieco di circa 5 metri a sx, un passaggio “dentro la frana” a dx … ovviamente imbocca il secondo bofonchiando “l’aria arriva da qui” e poi sparisce facendomi perdere 5 anni di vita

Dopo un paio di minuti parla “Bene! Sono affacciato su un pozzo che dà nel nero, qui la roccia è di nuovo sana e poi concreziona. Saranno almeno altri 20-30 metri qui sotto per un possibile fondo. Ho poca corda ma provo a scendere. Preparo una ripartenza doppia”. Non sto nella pelle e scendo fino al passaggio nella frana. Parlottiamo entusiasti. Il Jenga ci sorride benevolo. Calcolando la corda già usata oggi e la stima della profondità già raggiunta la volta scorsa … cazz … stiamo esplorando un nuovo -100 in Carso! Ridiamo come bambini. Pippo termina l’armo e si cala. Pianta ancora un fix dopo aver pendolato fuori dalla traiettoria della finestra e poi si deve fermare per mancanza di corda, avvolto nelle nebbie e con un nero inquietante che lo guarda dal profondo. Intravede quello che sembra essere un cavernone e in un angolo sotto di lui una specie di sprofondamento  che potrebbe denotare un ulteriore discesa …

Splendido. Siamo semplicemente sereni e felici per il traguardo raggiunto: fermi su un pozzo in esplorazione di un nuovo -100 carsico per mancanza di corda … impagabile … per tutto il resto c’è mastercard. Un pensiero va di nuovo a Giusto che non è potuto scendere assieme a noi: maledizione. In risalita proviamo di nuovo a pensare a come allargare il cavatappi, ma si tratta di un’opera estrema calcolando il tempo che ci abbiamo messo già per farlo diventare così com’è (3 uscite). Se la Grotta prosegue di brutto ci ripromettiamo di allargarla ancora, per ora però ci tocca lasciarla così, probabilmente servirebbero una o due uscite pesanti per riuscire nell’intento e il tempo ora non ce l’abbiamo proprio purtroppo.

All’uscita informiamo tutti delle grandi novità. Inni di giubilo. La prox uscita potrebbe essere quella “storica” con il raggiungimento di un nuovo “-100” sul Carso triestino: sarà il destino a decretare i fortunati vincitori della riffa.

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