Magici Tepuy

Caracas 20 gennaio 2012: siamo atterrati da poco all’aeroporto e mi ritrovo con Tono e Laura all’interno di una macchina guidata da due venezuelani conosciuti 30 minuti prima al cambio valuta; appena saliti la serratura si chiude e l’auto, dai vetri oscurati, si dirige dalla parte opposta… ci guardiamo negli occhi non capendo e consapevoli del fatto che ci troviamo in una delle città più pericolose del mondo! Dopo qualche centinaio di metri la macchina, con nostro sollievo, gira ad una rotonda e si dirige verso la direzione giusta; ringraziamo, scendiamo e abbandoniamo i quasi 40 gradi della metropoli per rientrare nel freezer dell’aeroporto dove ci attendono gli altri: comincia così la nostra avventura in Venezuela.

La sera dormiamo a Puerto Ordaz in una caserma con centinaia di militari che, per uno come me che ha obiettato alle armi quando ancora era obbligatoria la leva, è alquanto bizzarro! Le foto di Chavez sono appese un po’ ovunque, le scritte socialiste pure; l’ordine e la pulizia, a dir il vero, sono un po’ “desaparecidos”. L’indomani iniziamo il lungo viaggio in fuoristrada verso Santa Elena: più di 600 km attraversando paesi, baracche ai bordi delle strade sino ad entrare nella Gran Sabana con le sue infinite distese di vegetazione che spesso bruciano per l’ignoranza della gente (così diciamo noi…) o per cultura (come affermano i locali…). Santa Elena si trova nel sud del Venezuela al confine col Brasile che raggiungiamo in due occasioni per andare a mangiare spendendo “ben” 6 euro a testa; il cameriere che ci serve avrà forse 12 anni: sfruttamento del lavoro minorile diremmo noi… ma se l’altra opzione è sniffare colla in qualche baraccopoli probabilmente è meglio fare il cameriere onestamente! Santa Elena è una piccola cittadina che offre poco a chiunque e stiamo quindi già aspettando il momento di salire sul cesna che ci porterà a Uruyen per poi alzarci con l’elicottero in direzione Auyan tepui ed iniziare finalmente le esplorazioni pianificate da tempo. Approfittiamo dell’attesa per andare a farci un giro nonché foto e filmati in Gran Sabana e più precisamente a Yuruani. Il posto è fantastico se non fosse per la presenza alquanto fastidiosa dei famigerati “puri puri”: una sorta di moscerini che ti assalgono a centinaia succhiandoti il sangue; difendersi è impossibile, sembra che i repellenti li attirino e gli abiti smanicati che indossiamo certo non aiutano; risultato: centinaia di punture che ci accompagneranno sino oltre il ritorno a casa non facendoci dormire la notte e aumentando il consumo medio di cortisone!

Organizzare una spedizione è cosa molto complessa nonché costosa e, per quanto tu possa essere preciso ed esperto, a volte sei obbligato a sottostare ad eventi che esulano dalla tua più buona volontà di previsione! Capita così che per problemi organizzativi e logistici molto importanti siamo costretti a rinunciare ai progetti originali e ripiegare verso l’esplorazione del Roraima Tepui: un colosso di quarzite alto quasi 3000 metri (fra i più alti in assoluto) immerso in un contesto favoloso. Nessun elicottero per raggiungerlo, solo un trekking di 3 giorni che noi riusciamo a coprire in soli 2 giorni con l’aiuto di un paio di portatori. Sono quasi 2000 mt di dislivello per 30 km di sviluppo e con lo zaino stracarico non è certo facile, ma l’ambiente che ci circonda ci ripaga delle fatiche; attraversiamo due fiumi e ci infiliamo nella foresta per raggiungere la parete vera e propria del tepui; inizia a diluviare e questa pioggia non ci abbandonerà più! Raggiungiamo la cima del pianoro del Roraima a quasi  3000 metri  fradici e infreddoliti  sognando ovviamente le temperature miti e piacevoli dei giorni precedenti; montiamo il campo base e finalmente indossiamo abiti asciutti. La mattina seguente il tempo non migliora ma andiamo comunque a fare un giro di ricognizione: il vento è forte e ogni tanto riesce a spazzare via momentaneamente le nuvole che ci osservano dall’alto; quando il cielo si apre i colori riemergono e finalmente anche il colore scuro della quarzite appare più vivo. Camminiamo nella valle dei cristalli completamente ricoperta da cristalli di quarzo e per i più coraggiosi c’è anche la possibilità di fare il bagno nelle “jacuzzi” ovvero  pozze di acqua cristallina anch’esse piene di cristalli di quarzo che se illuminate dalla giusta luce rendono il luogo veramente magico. Passiamo i giorni successivi ad esplorare il territorio curando molto l’aspetto scientifico, fotografico e video. Alla cueva del Guachero vengono posizionati da parte dei geologi dell’associazione alcuni M.E.M. (micro erosion meter) ovvero degli strumenti particolari dedicati al monitoraggio dell’erosione e  dei processi di degradazione sulla superficie della roccia; anche l’analisi delle acque prosegue senza sosta e i risultati potranno dare importanti notizie sulla qualità  e sulla composizione della stessa. Attendiamo impazienti un miglioramento del meteo poiché è stata individuata una risorgenza in parete sulla punta Ventana del Roraima e bisogna scenderla senza sottovalutare l’eventualità di una piena!

L’ultimo giorno, come spesso accade, sembra quello giusto: non piove anche se il cielo è plumbeo ma decidiamo di provare. Raggiunta la punta Ventana ci organizziamo per la discesa: quanti metri saranno?? Una cinquantina, ci viene detto, ma adesso lo sapremo con certezza. Laura si offre volontaria per attrezzare la calata e a seguire scenderemo tutti; io mi posiziono la telecamera sul caschetto  per fare riprese in soggettiva. Ci dividiamo le radio; Laura inizia a litigare con la dura quarzite dei tepui e il cielo aimè inizia a ricoprirsi nuovamente; si alza il solito vento e la temperatura percepita si abbassa notevolmente. Cinquanta, settanta, novanta metri di calata ma la risorgenza è ancora lontana e nel frattempo inizia a piovere; Giacomo scende a portare una seconda corda e si continua: finalmente raggiungiamo l’ingresso dopo una spettacolare calata di 120 metri! C’è un po’ di nebbia ma detto fra noi è stato un bene: la parete è alta mille metri e vedere “il fondo” nel vuoto con la luce del giorno a livello psicologico può creare ”un certo non so chè”.

La grotta prosegue inesorabile verso l’interno della montagna ma il cielo fuori inizia a versare un quantitativo infinito di acqua e nel giro di 20 minuti il livello inizia a salire paurosamente costringendo gli esploratori a ripiegare non senza problemi verso l’uscita dove fortunatamente trovano un riparo per attendere che cessi il maltempo. Con l’utilizzo delle radio si riesce a comunicare per non creare allarmismi inutili. Dopo tre ore incessanti di pioggia, si decide di risalire la lunga calata sotto l’ira di Giove. Torniamo al campo base al buio attraversando enormi torrenti d’acqua visto che il terreno qua non drena nulla; la vera preoccupazione è per il giorno seguente quando dovremo guadare due fiumi veri di cui uno molto grande che già all’andata era risultato di non facile attraversamento: forse si renderà necessario stendere una teleferica.

Superiamo anche queste fatiche e ci troviamo a bivaccare al campo Tok a sole 4 ore dalla base del trekking dove ci attendono i nostri fuoristrada. Montiamo le tende, le nuvole spariscono e assistiamo tutti assieme ad un tramonto alla base del Roraima e del Kukenan tepui denso di colori difficilmente descrivibili; lo spettacolo ha una solo termine: magico.

Video

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