Svelato (o quasi) il mistero del buco soffiante sul Giajdeit

A fine dicembre ricevo una mail da Pagu in cui scriveva:

Ho letto sul libro ‘Per sentieri selvaggi’ che Mazzilis, descrivendo un percorso sul Monte Giaideit, cita:”La ripida salita… è resa assai interessante… dal passaggio vicino a un soffione di aria calda che in pieno inverno supera i venti gradi! Un rarissimo fenomeno… che meriterebbe l’attenzione dei geologi!”

Che ne dici? Se va a curiosar?!

La spianata di Illegio  è sopraelevata di 200 m rispetto al fondovalle del Torrente Bût deve la sua esistenza alla fase di deglaciazione würmiana, seguita all’ultima grande espansione glaciale alpina.

Neanche due settimane più tardi ci ritroviamo ad Illegio (570 m s.l.m.), piccolo ed antico borgo del comune di Tolmezzo ubicato in fondo ad un suggestivo ripiano di origine glaciale (didattico esempio di kame, deposito lacustre da sbarramento glaciale) circondato e racchiuso su tre lati da ripidi versanti montuosi, il quarto si affaccia sulla sottostante Valle del Bût.

Una veloce camminata ci conduce alle medioevale pieve di San Floriano (734 m s.l.m.) posta a strapiombo sulla sottostante Valle del Bût.

Piccola pausa, qualche foto e levato qualche maglione visto il splendido sole si riparte proseguendo per il sentiero CAI 411 che conduce verso la cima del Giajdeit.

A quota 926 metri s.l.m., praticamente sul sentiero ecco ben visibile quello che cercavamo: un foro con apertura di 70 x 50 cm, tutto attorno muschio ed eriche con brillanti goccioline, l’erba e le ragnatele si muovono visibilmente. Avvicinandosi con il viso all’imbocco si percepisce una notevole flusso di aria calda ed umida (misureremo poi all’interno con termometro digitale una temperatura di 13.5° mentre all’esterno si aggirava attorno ai 16°).

A qualche metro c’è una piccola strettoia, che fare? Non abbiamo portato né tuta né caschetto, solo la lampada frontale per una fugace verifica! Chi se ne frega! Non posso ritornare a valle senza sapere cosa c’è li sotto! La strettoia non è poi così sporca (penso) e son subito oltre. Sceso il primo cunicolo di circa due metri mi trovo in un vano di 2 per 5 metri alto circa 1 e mezzo creato all’interno di enormi blocchi (probabilmente una paleofrana). La cavità continua non proprio comoda in direzione nord, ma infilarsi e strisciare in mezzo a quei blocchi non è certo invitante. Fatta qualche misura e un paio di foto decido di uscire mestamente. Pagu invidioso delle mie macchie di fango su pantaloni e maglione decide anche lui di rendere “mimetici” i suoi vestiti entrando in quel piccolo ed umido pertugio.

buca monte Giajdeit

Soddisfatti rientriamo veloci e sporchi a valle dove un paesano ci scruta tra l’incuriosito e l’impietosito chiedendo con gli occhi il perchè di quel fango. Non avendo ricambi, sguardi simili li ritrovo anche sul treno che mi porta a Trieste e sulla successiva corriera per Prosecco.

Potle e Pagu

Sul fenomeno azzardo due possibili ipotesi:

  1. Una cavità di medie – grandi dimensioni che si sviluppa subito dopo la frana iniziale, ….però il monte Giajdeit è costiuito da Dolomia Principale nel lato occidentale, litotipo non propriamente predisposto a grandi fenomeni carsici ipogei. Anche se…..la cavità si apre in una brecciolina tipo milonite la quale potrebbe fungere da improbabile fattore speleogenetico ….trovandosi nella zona di contatto tettonico con i calcari del Werfen, sopra a filoni impermeabili marnoso arenacei.
  2. La seconda ipotesi, forse la più probabile, è che ci si trovi davanti ad un grande paleocrollo formato da massi di medie e grandi dimensioni successivamente ricoperto da uno strato di colluvium di spessore metrico. In questo modo si sarebbe formata una labirintica cavità costituita dai  vacui tra masso e masso.
schema della seconda ipotesi
schema della seconda ipotesi

La corrente d’aria si potrebbe spiegare con degli ingressi inferiori, anche celati dai detriti e/o impraticabili, sul lato occidentale del Giajdet presentando così in inverno una bocca fredda (quella inferiore) ed una bocca calda (quella superiore), con la differenza che mentre in estate l’aria calda penetra dall’entrata superiore, si raffredda nella cavità ed esce dalla bocca inferiore, in inverno si ha invece l’entrata di aria fredda dal basso, che si riscalda per convenzione sulla roccia più calda, uscendo con formazione di vapore dall’ingresso alto visibile sul sentiero.

3 thoughts on “Svelato (o quasi) il mistero del buco soffiante sul Giajdeit

  1. …AAAAh NO, per me niente frane, grazie! Bastano ed avanzano quelle “nostrane”, e sai a cosa mi riferisco…!!! Probabilissima sepoltura gratis per tutti, in barba a Zimolo… che delizia! Speremo ben…
    Comunque bel tentativo, bravi Potle e Pagu.

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