Brezno pri Medvedovi Konti

Era da un anno che aspettavo di scendere nel Brezno pri Medvedovi Konti 2330S, e più precisamente dal nostro soggiorno estivo a Bohinj: io e Giusto, tra una gita in barca ed una scampagnata in bici con consorti, cane e figliolanza, avevamo spezzato la routine turistica con una puntatina sulle soprastanti montagne alla ricerca dell’ingresso della famosa grotta; l’avevamo facilmente individuata, ed eravamo rimasti sul bordo sbavando abbondantemente in quanto privi di materiali per discenderla SUBITO…

Dopo due ore di Patrol eccoci stravaccati nell’ultimo baretto montano prima del nulla, a sorseggiare un caffelatte. C’è un sole splendido, tavolino di legno all’aperto… mi alzo per andare a recuperare il tabacco, solo che sbaglio clamorosamente vettura ed apro con nonchalance il bagagliaio di un Toyota rimanendo perplesso a chiedermi dove siano spariti tutti gli zaini… Giusto si gusta la scena sin dal primo istante, e ride a crepapelle… il legittimo proprietario, che mi stava osservando attentamente, per fortuna fa lo stesso e così evito il linciaggio per tentato furto d’auto. Ci rimettiamo in marcia, ma Giusto ritiene sia ormai giunto il momento adatto per comunicarmi che ci troviamo da parecchio in riserva… Intorno a noi le desolate foreste di Pokljuka sono verosimilmente sprovviste di succursali della Petrol, come spiego allo sprovveduto conducente, e così si ritorna sui nostri passi sino a Bled, per fare rifornimento di gasolio.

Si risale per la seconda volta, quella buona, ed eccoci sbagliare strada, tornare indietro e finalmente bloccarci dinanzi alla neve: tanta neve, neve ovunque… Unici esseri viventi oltre a noi una coppia di locali con tanto di sci e cani (non da slitta): chiediamo informazioni sullo stato delle strade più avanti e spieghiamo loro in buon inglese dove vorremmo recarci, possibilmente in auto… L’uomo dalla barbetta caprina sghignazza senza ritegno alcuno, descrive orrori da inverno polare agitando le bacchette verso le alture circostanti e conclude con spietata ironia consigliandoci di limitarci ad andare in grotta sul Carso Triestino sino ad agosto… Io mi deprimo istantaneamente visualizzando imminenti tragedie montane, ma Giusto non intende mollare: è ormai passato in “modalità grotta”… Salutiamo educatamente e ci inoltriamo spavaldi nella trincea di neve, col Patrol che sbanda e slitta mentre la coppia ci osserva con costernazione. Percorriamo si e no un altro chilometro e ci blocchiamo definitivamente davanti alla grande muraglia bianca: un Lada Niva semisepolto è stato abbandonato lì, probabilmente come monito agli incauti viandanti…

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Dopo un breve conciliabolo Giusto riesce non so come a convincermi a proseguire a piedi… Indossiamo velocemente traspiranti e “trombini” ed iniziamo la risalita, ovviamente per la massima pendenza, affondando ogni tanto sino all’inguine. Dopo 45 minuti di sport invernali assortiti arriviamo incredibilmente all’ingresso, tra l’altro senza incontrare alcun orso nonostante un inquietante cartello ad un incrocio. Ci felicitiamo vicendevolmente con pacche sulle spalle per il buon risultato, anche se proprio non riesco a non pensare che l’altr’anno eravamo arrivati comodamente a 20 metri dall’ingresso con il “Qubo”… beh, se non altro la nostra è probabilmente una “prima invernale” !

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Giusto arma, io lo seguo fotografando. Il pozzo è molto bello e variamente armato: vi si trovano spit mal piantati ma comunque marci, fix da 8 e da 10 misto mare, ed una piastrina abbandonata perchè oramai impossibile da togliere… Ciò nonostante raggiungiamo incolumi il fondo 105 metri più in basso ed ecco il mostro! Wow!!! La seconda più vasta sala sotterranea della Slovenia…. Ci incamminiamo lungo la parete destra, godendoci il panorama con le frontali a manetta, e dopo un lungo ed accidentato percorso eccoci finalmente in fondo al salone. La vista in lontananza del pozzo d’accesso, con l’albero conficcato nel cono detritico ed illuminato dalla fioca ed irreale luce proveniente dall’esterno, è mozzafiato. Ci concediamo uno spuntino, poi iniziamo a fotografare l’immensa sala. Giusto si allontana di un centinaio di metri, piazzandosi presso il pozzone e spremendo tutti i lumen della sua “Caveman”, al che io premo il pulsante ed inizio a correre come un disperato per posizionarmi a mia volta nell’inquadratura, ma ben prima dei fatidici 10 secondi dell’autoscatto inciampo rovinosamente decollando e sfracellandomi sulle rocce…  Ciccio Bastardo non se ne accorge nemmeno, nonostante il fragore di metallo ed ossa frantumate, e continua imperterrito a pennellare quà e là con il faro per tutti i 60 secondi dell’esposizione mentre soffro in silenzio, immortalato carponi nel mio dolore. Al secondo tentativo ce la faccio, ed otteniamo un discreto risultato fotografico. Scattiamo ancora un po’, quindi, vista l’ora, decidiamo di risalire.  Fuori è ancora chiaro, anche se il tempo non sembra volgere al meglio. Il ritorno alla macchina è fulmineo, in discesa si vola… specie sulla neve! E poi ci sono le due Laško fresche che ci aspettano sotto al sedile del passeggero…

2 thoughts on “Brezno pri Medvedovi Konti

  1. Siete dei GRANDISSIMI e vi invidio moltissimo: GROTTA E FOTO a dir poco STUPENDE!!!!
    Un unica nota di rammarico: non poter visionare Pippo ritratto a carponi dopo lo schianto per l’autoscatto … ARGH ARGH ARGH …. :-)
    W Grotta Continua!

    1. Si vede, si vede… è quella con a destra la luce puntata contro la fotocamera. In quella successiva sono in piedi.

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