SG23 – This is the end…

Oggi io e Celly siamo venuti a fare il punto della situazione a SG23. Nelle scorse settimane siamo stati impegnati alla Grotta dei Cannelli mentre qui le cose procedevano senza di noi… il 6 gennaio, infatti, Edox e Kubo, presi da improvvisa ispirazione, sono venuti a disgaggiare tutti i detriti prodotti nel corso dell’ultima uscita. Non si trattava di poca cosa, come già accennato, ed il risultato è stata la sparizione quasi totale della famosa stanzetta, nonché l’apertura di un varco verso l’ignoto. I due, che per l’occasione si erano portati dietro speranzosi una bottiglietta di spumante, non hanno potuto approfittarne in quanto un ultimo pietrone inamovibile impediva loro il passaggio, e così si sono accontentati di brindare all’esterno inviando al gruppo un simpatico selfie.

Cin cin…

Il 13 gennaio, mentre io e Celly continuavamo imperterriti ad allargare strettoie ai Cannelli, una squadra composta da Giusto, Edox, Toni, Jager, Valerio e Kubo ha tentato il colpaccio ma è stata egualmente respinta dal suddetto pietrone causa malfunzionamento del generatore portato da Edox e conseguente impossibilità di utilizzare il demolitore… solamente Toni, forte del suo fisico da alga, è riuscito a superare l’ostacolo, facendo immediata conoscenza con l’ennesimo RAGNONE, a suo dire (e gli credo senza problemi) più simile ad un “granzo poro” che ad un semplice aracnide. Sopravvissuto bene o male all’esperienza, il buon Toni ha riferito di aver esaminato accuratamente l’ambiente esplorato senza intravedere prosecuzioni papabili, tranne la solita angustissima frattura che si perdeva per metri in profondità…

L’armata Brancaleone respinta dal pietrone

Ma veniamo finalmente alla nostra uscita: muniti di tutto il necessario scendiamo il pozzetto ed imbocchiamo il cunicolo. Io passo per primo e mi accorgo subito che l’ambiente è decisamente mutato… il salto di quasi due metri oltre il cunicolo, che già si era ridotto, non esiste più… ora si sbuca direttamente su una comoda rampa in discesa che porta diritta al masso da eliminare… Celly mi raggiunge e mi godo la sua sorpresa mentre sgambetta nel cunicolo e si paralizza cercando un vuoto che non c’è più!

Celly sbuca sulla RAMPA

Iniziamo con lo scavare intorno al pietrone, e dopo poco già si muove un minimo… qualche mazzata ben assestata col fido Mjölnir ed eccolo diviso in parti più abbordabili che provvediamo a trascinare fuori dai zebedei… ancora un po’ di lavoro col demolitore ed è fatta.. si passa.

Al lavoro sul masso

Dopo qualche strusciamento nella “Fiepa” ci ritroviamo in una comoda sala, impostata lateralmente sulla famosa frattura che si perde in profondità sotto di noi.

La FIEPA

Mi basta uno sguardo per capire che non è quella la prosecuzione… ma allora? Alzo gli occhi e subito tutto mi si chiarisce: proprio a livello del soffitto, un paio di metri sopra di me, si intravede un varco sospetto tra le concrezioni. Lo raggiungo facilmente e ritrovo l’aria…

La prosecuzione sottovolta

non solo, ma voltandomi indietro, sempre sotto volta, intravedo un altro foro comunicante con la oramai ex-stanzetta da cui siamo arrivati, sul quale sventola allegra, mossa dallo spiffero, l’ennesima sacca di uova di ragno… ecco dove si infilava la mefistofelica aria che entrava a vagonate dal cunicolo per poi sparire… mi volto di nuovo verso la prosecuzione, e con qualche martellata la rendo quasi transitabile. Quasi… Oltre allarga, ma qui è richiesto il solito lavoro di trapano. Provvedo, quindi andiamo a mangiare qualcosa nella ex-stanzetta. Concluso il pasto col doveroso cichin, torniamo sul pezzo e Celly parte in quarta, munito di mazzetta. In breve riesce ad infilarsi e lo vedo gradualmente sparire fino ai piedi tra le concrezioni.

Celly nel cunicolo terminale

Dopo vari smazzettamenti chiede il cambio, asserendo che non vede più alcuna possibilità di prosecuzione. Lo sostituisco e mi infilo a mia volta nel condotto: avanzo il più possibile, ed effettivamente mi ritrovo in quello che sembrerebbe un cul-de-sac ermeticamente chiuso… eppure l’aria… tolgo un guanto e palpeggio qua e là, finchè percepisco lo spiffero agognato. Mi faccio passare il piccolo demolitore Hilti a batteria e in pochi minuti creo un foro di una decina di centimetri dove prima c’era solo quella che sembrava una parete compatta di calcite. L’aria ora passa più intensa; contorcendomi tento di guardare oltre, ma quel poco che vedo è scoraggiante… il condotto sembra proseguire assai stretto, forse dopo allarga o forse no… sono consapevole che quell’aria corre verso un ingresso superiore, e dopo quest’ultima risalita siamo ormai preoccupantemente vicini alla superficie…

Decido che non vale la pena di soffrire ulteriormente e lo comunico a Celly che si dichiara assolutamente daccordo. E’ andata così, poteva sicuramente andare meglio ma comunque la grotta è carina e rilevabile, e in fondo ci siamo divertiti. Amen. Un solo dubbio mi assilla… nonostante le ripetute ricerche, ed il notevole e costante flusso d’aria, non è stato possibile reperire all’esterno il punto di uscita, nemmeno con la neve, e ciò è abbastanza bizzarro. Una prova con un fumogeno posto nella parte finale della grotta dovrebbe dare buoni risultati, ma ormai dovrò attendere il prossimo inverno per effettuare l’esperimento nelle condizioni ideali. Vedremo…

La fine…


Una piccola riflessione…

Mentre scrivevo tutto ciò che avete letto di questa cavità, mi sono spesso chiesto: “Ma ha senso pubblicare ben cinque articoli su una grotta di una quindicina di metri di sviluppo, in gran parte allargati artificialmente?”. Beh, credo che la risposta sia estremamente soggettiva, e dipenda più che altro da ciò che uno intende per “attività speleologica”… Mi è capitato, a volte, di leggere articoli su esplorazioni in abissi profondi svariate centinaia di metri e trovarli asettici e privi di qualsiasi interesse, un sommarsi di pozzi senza identità che di diverso tra loro avevano solamente i metri rilevati, in una corsa assurda verso un record in genere di effimera durata… Mancava il vissuto, le sensazioni.

Come nella vita, anche nell’andare in grotta ciò che conta veramente non è il traguardo finale ma tutto ciò che ti accade nel frattempo, tante piccole e grandi cose, a volte talmente banali da darle per scontate quando invece sono proprio loro a dare un senso all’esistenza. In questo caso un “cagador” in Carso di quindici metri scarsi è riuscito a mobilitare, nel corso di sette differenti uscite, un totale di 17 speleologi ed un cane, indaffarati (tutti tranne il quadrupede) ad inseguire sottoterra un misterioso flusso d’aria, spaccando e spostando un paio di tonnellate di roccia nella speranza di scoprire quella grotta ideale, diversa per ognuno di noi, che pensi sempre di aver finalmente tra le mani, ed invece… Scusatemi ma è più forte di me… amo le grotte, non mi pesa affatto scavare e disostruire, e godo nel momento in cui, spostata l’ultima pietra, per l’ennesima volta metto piede dove nessun altro è stato prima di me… poco importa se si tratta di un profondo abisso, di una galleria chilometrica o di una minuscola saletta… rischierete sempre e comunque di beccarvi un altro noiosissimo articolo sul presente sito: fortunatamente non siete obbligati a leggerlo!

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